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Foto Raffaele Coppola: Fondazione Molina
Ascoltati fra gli altri i due accusati, Christian Campiotti (ex presidente di Fondazione Molina) e Lorenzo Airoldi (responsabile di Rete 55).
Le testimonianze raccolte ieri comunque nulla hanno potuto aggiungere nel merito della questione, andando invece a fornire ulteriori elementi per ricostruire il quadro in cui la vicenda si è inserita, come nel caso di un operante della Guardia di Finanza, sentito come teste dell’accusa, che ha ricostruito la situazione debitoria del gruppo Rete55 e l’impiego del prestito ottenuto da Mata spa, ma come soprattutto nel caso di Campiotti che ha illustrato la congiuntura storico-economica del momento, che avrebbe determinato la scelta di concedere i due prestiti, ovvero: una significativa liquidità della fondazione (circa 10 milioni di euro), tassi di mercato bassissimi, e instabilità di diversi istituti di credito (fra cui Monte dei Paschi di Siena e Veneto Banca con cui la fondazione lavorava); elementi che a suo dire non solo consigliavano, ma rendevano urgente individuare altre strade in cui impiegare parte della liquidità per proteggerla da possibili perdite, un'urgenza che avrebbe giustificato anche il mancato coinvolgimento del CdA nella decisione, se non a cose fatte. Dopo Campiotti Airoldi, il deus ex machina del gruppo editoriale Rete 55, che ha spiegato come la seconda emittente del gruppo (La6), si trovasse in una situazione particolarmente difficile e che il prestito sarebbe servito per permettere la vendita dell'emittente a degli investitori cinesi, poi ritiratisi anche per il polverone mediatico e giudiziario sollevato.
Sia Campiotti che Airoldi però hanno ribadito che per loro Fondazione Molina era ed è chiaramente un ente di diritto privato, e che dunque i prestiti - erogati anche in precedenza sotto altre presidenze e verso altre realtà - erano e sono del tutto legittimi.
Hanno raccontato l'udienza: La Prealpina del 27 gennaio, Malpensa24 e VareseNews
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