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Foto Raffaele Coppola: Cassonetto per abiti usati in piazza S. Evasio a Bizzozero
Uno strumento di solidarietà ed aiuto a rischio criminalità, anche a Bizzozero.
Foto Raffaele Coppola: Profilo del cassonetto in piazza a Bizzozero
Vuoi per rinnovo del guardaroba, vuoi per doni doppi o non graditi, lo scambio dei regali a Natale rappresenta una delle circostanze che determinano un maggior ricorso ai cassonetti "solidali" per la raccolta di scarpe ed indumenti (e tal volta anche giocattoli) di cui ci si vuole liberare.
Prevalentemente gialli o bianchi, sono numerosi questi grandi cubi che vengono collocati presso piazze, grandi punti vendita, incroci o strade di grande passaggio, per essere facilmente individuati e raggiunti dai varesini che attraverso il loro uso, non solo si liberano di qualcosa di cui si vogliono disfare, ma aiutano anche chi più ne ha bisogno e contribuiscono ad una più efficace gestione dei "rifiuti".
Da un lato infatti quanto conferito a questi "cassettoni" o "cassonetti" infatti non va ad alimentare ulteriormente discariche ed inceneritori, dall'altro - soprattutto - va appunto in aiuto di diverse situazioni di disagio. Gli indumenti raccolti infatti possono essere redistribuiti a chi purtroppo ha difficoltà ad acquistare abiti da indossare per se e per i suoi congiunti, oppure possono essere ceduti ad aziende specializzate che li "rigenerano" e li rimettono sul mercato. In quest'ultima ipotesi il beneficio si può splalmare su più livelli, infatti la cessione degli indumenti a chi li rigenera può avvenie dietro un compenso, e chi li ha ceduti raccoglie così fondi da destinare a progetti di solidarietà adeguatamente illustrati ai donatori iniziali; spesso le aziende che si occupano della rigenerazione sono poi cooperative sociali, che danno così lavoro a chi sta cercando di reinserirsi nel tessuto socio-economico delle nostre città, e tal volta anche chi rivende i beni così rigenerati è una persona o una realtà sociale, senza dimenticare che gli acquirenti di indumenti "usati" (rigenerati o nuovi ma comunque passati di mano) sono per lo più persone in stato di disagio, che hanno così la possibilità di trovare indumenti, anche di qualità, a prezzi decisamente accessibili.
Insomma un quadro bello e positivo, se non fosse che accanto a chi lavora con serietà ed impegno per perseguire questi fini solidali, si inseriscano anche "furbastri" che di fatto, ingannando gli ingenui donatori, sottraggono risorse a chi già è in stato di grave difficoltà, per perseguire un proprio guadagno personale, o peggio per alimentare interessi criminali, quali il riciclaggio, la contraffazione, il mercato nero.
Il meccanismo è semplicissimo, basta infatti collocare (abusivamente, e dunque senza neppure pagare le tasse di occupazione di suolo pubblico) dei cassonetti in tutto e per tutto simili a quelli realmente solidali, raccogliere gratuitamente quanto conferito ed utilizzarlo a proprio vantaggio.
Sembrerebbe un mercato marginale, eppure non lo è: secondo un'inchiesta svolta da Elisa Polveroni per La Prealpina (con servizio pubblicato il 2 novembre scorso), negli ultimi 10 anni le cooperative coinvolte dalla sola Caritas diocesana e nella sola Arcidiocesi di Milano, hanno erogato ben 3,5 milioni di euro in fondi di sostegno ai più disagiati (di cui 500.000 a Varese), grazie a questo canale.
Foto Mario Bianchi: Don Marco Casale
Da qui i ripetuti appelli di don Marco Casale, nella sua veste di responsabile locale della Caritas, affinchè le autorità competenti intervengano per arginare il fenomeno dei cassonetti fraudolenti, che sta assumendo proporzioni allarmanti, tanto da essersi guadagnato due "inchieste" in città, negli ultimi mesi, la prima a firma di Sabrina Narezzi il 28 settembre, la seconda - già citata - di Elisa Polveroni il 2 novembre, entrambe su La Pralpina.
Secondo le indicazioni fornite dal Comune i cassonetti autorizzati in città dovrebbero essere un'ottantina, cui comunque si aggiungono quelli collocati su suoli privati, ed autorizzati con accordi fra i privati, ma c'è chi dice che in realtà tra autorizzati, privati ed abusivi, se ne possano arrivare a contare poco meno del doppio.
Foto Raffaele Coppola: Fiancata del cassonetto della Caritas Ambrosiana in piazza S. Evasio con indicati ente promotore e finalità della raccolta
Per evitare dunque di essere truffati, e finire magari con l'alimentare gli affari della malavita, ma senza rinunciare ad aiutare i più bisognosi, ecco allora che è utile verificare che sui cassonetti che si intende utilizzare, sia indicato il nome di chi ne cura la gestione, le finalità per cui saranno destinati i beni raccolti, e dei recapiti a cui potersi rivolgere per le verifiche del caso; queste semplici attenzioni riducono da sole drasticamente i rischi, infatti i cassonetti abusivi risultano per lo più anonimi. Accanto a ciò naturalmente sarà necessaria una maggiore vigilanza delle autorità competenti, come per altro assicurato dall'assessore De Simone, magari accogliendo la proposta avanzata dall'ex consigliere Mauro Gregori, che suggeriva di rendere disponibile sul sito del Comune, l'elenco dei dispositiva autorizzati. Più complicato intervenire sui cassonetti dislocati su aree private (quasi mai abusivi), su cui devono vigilare innanzitutto i proprietari dei suoli, che possono essere tentati da un adeguato compenso economico, a chiudere un occhio circa finalità e reale identità delle realtà con cui siglano accordi formalmente leciti; sul punto si registra l'intervento del capogruppo di Forza Italia in Consiglio Comunale, Simone Longhini, che apre alla possibilità di un apposito regolamento comunale, che magari attraverso anche un'esigenza di decoro urbano, possa cercare di intervenire anche su questo tipo di accordi fra privati.
Nel frattempo però a Bizzozero registriamo la rimozione di uno "storico" cassonetto posto accanto all'ingresso del supermercato di largo Gajard.
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