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Resilienza e schizofrenia: premiato uno studio che ne analizza le correlazioni.
Il Congresso è stato organizzato sotto l’egida della Società Italiana di Psichiatra, e con il patrocinio delle altre più importanti Società Scientifiche di interesse psichiatrico; la premiazione si è tenuta al termine dei lavori congressuali con le congratulazioni del Presidente del Congresso, nonché Presidente della Società Italiana di Psichiatria, Professor Claudio Mencacci e dei responsabili della Segreteria Scientifica, Dr.ssa Emi Bondi e Dr. Massimo Rabboni.
«Nonostante il rapido sviluppo e diffusione di studi e di ricerche, la resilienza raramente viene menzionata come fattore terapeutico, adattivo e protettivo, per malattie psichiatriche gravi: promuovere la resilienza in pazienti psicotici, frequentemente soggetti a fratture traumatiche della propria continuità esistenziale, potrebbe migliorare la sintomatologia stessa, il funzionamento psicosociale e in ultima analisi il benessere soggettivo» si legge nel poster.
Lo scopo di questo studio preliminare era di valutare la resilienza in pazienti schizofrenici e identificare eventuali correlazioni tra resilienza, sintomatologia psicotica positiva e negativa e funzionamento psicosociale. Lo studio statistico è stato effettuato su un campione di 121 pazienti con una diagnosi di Disturbo dello spettro della Schizofrenia, di età compresa tra i 18 e i 65 anni.
«In senso psicologico la resilienza è una risorsa individuale che consente agli individui di reagire a situazioni di stress o profondamente traumatiche non solo superandole, ma risultandone cambiati in positivo, rafforzati. Essa si può comporre di una parte disposizionale, ossia che appartiene all’individuo come caratteristica personologica, e di una parte acquisibile, determinata dalle interazioni ambientali – spiega la dottoressa Callegari, docente di psichiatria all’Università degli Studi dell’Insubria - . Una dimensione così trasversale, interessante, apparentemente semplice, ma in realtà caratterizzata da numerose sfaccettature, è attualmente oggetto di indagine in psicologia, psichiatria e medicina in moltissimi studi che hanno in fondo lo scopo comune di individuare modi efficaci per implementare negli individui, soprattutto se sofferenti, sempre nuove risorse volte a conseguire il miglior benessere psico-fisico possibile».
Il gruppo di lavoro coordinato dalla dottoressa Callegari si interessa alla resilienza da alcuni anni delineandone dapprima il profilo teorico e attuando studi clinici, anche in collaborazione con altre discipline. Un lavoro di validazione della versione italiana della Resilience Scale a 14 items è stato pubblicato nel 2016, e due studi clinici, uno sulla resilienza nella popolazione anziana a Varese e uno, in collaborazione con il Polo Riabilitativo dell’Ospedale Gaetano Pini di Milano, su outcome riabilitativo e resilienza; sono stati tutti pubblicati su riviste internazionali.
«Il lavoro oggetto dello studio presentato nel poster premiato al Congresso di Bormio descrive, in una popolazione ammalata di psicosi schizofrenica, una patologia quasi sempre molto severa e disorganizzante le normali relazioni interpersonali e le abilità della performance quotidiana, compromesse sul piano emotivo, non cognitivo, sia in che misura la resilienza individuale possa essere presente ovvero compromessa in questi individui, sia come il differente ambiente di cura, ambulatoriale o residenziale, possa più o meno positivamente influenzarla, sia come gli strumenti terapeutici attuati per promuovere fattori di resilienza in pazienti schizofrenici possano agire aumentando la resilienza e trasformandola, a sua volta, in un elemento terapeutico teso a migliorare il funzionamento psicosociale dei soggetti ammalati. I risultati dello studio, ancorché da confermarsi in studi più ampi, sembrano effettivamente orientati in questa direzione» conclude la dottoressa Callegari.
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