Foto Mario Bianchi: La facciata di Casa San Carlo con la caratteristica meridiana

Approfondimento del Vangelo di domenica 1 dicembre a cura di don Marco Casale.


Di seguito la libera trascrizione dell'intervento di don Marco Casale in occasione del momento di riflessione sul Vangelo domenicale, proposto ogni venerdì sera alle ore 21 presso la Casa San Carlo di via Santa Maria Maddalena, per riflettere e meglio prepararsi alla celebrazione liturgica.

Grazie al lavoro di alcuni volontari riproponiamo i contenuti dell'incontro di venerdì 29 novembre 2019:

 

LA PAROLA IN MEZZO A NOI

III Domenica di Avvento
Mt 11, 2 - 15

Il Vangelo di oggi parte dalla domanda che i discepoli di Giovanni Battista rivolgono a Gesù: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?” E’ la domanda su Gesù: Ma è lui il nostro salvatore o dobbiamo cercare qualcun altro? Possiamo fidarci del fatto che sia davvero lui colui che Dio ci ha mandato per la nostra salvezza oppure dobbiamo continuare la nostra ricerca di un salvatore?
Questa domanda, probabilmente, Giovanni Battista ha lasciato che i suoi discepoli la portassero a Gesù; forse i suoi discepoli lo incalzavano chiedendogli: Ma sei sicuro, Giovanni, di indicarci Gesù come il messia, ne sei proprio certo? Perché Gesù non sta facendo le cose di cui tu ci hai parlato. Per esempio, tu ci hai parlato di uno che viene e con il ventilabro pulisce l’aia e separa il grano dalla pula e brucia la pula nel fuoco, di uno che viene per portare il giudizio di Dio, per portare la liberazione dal carcere, come aveva predetto Isaia, e tu, Giovanni, invece, sei ancora qui, in carcere a Macheronte, dove Erode ti ha ingiustamente imprigionato. E Gesù cosa fa? Non fa niente! Ma sei proprio sicuro che sia proprio lui il messia? Questa domanda che, probabilmente, nasce dal cuore dei discepoli di Giovanni e dal cuore di Giovanni stesso, è la questione seria: Ma chi è davvero Gesù e perché Dio ci avrebbe mandato un messia così inatteso, che parla della misericordia in un modo così inaspettato, che ci spiazza, ci sorprende, ci interroga?
Gesù non dà una risposta facile ma invita i suoi interlocutori a mettersi in gioco: Vuoi rispondere a questa domanda? Guarda, osserva, valuta tu stesso! Osservate i fatti, le opere che io compio! Qui si compiono le promesse fatte da Dio attraverso i profeti: la vista ai ciechi, la camminata agli zoppi, la purificazione ai lebbrosi, l’udito ai sordi, la vita ai morti, l’annuncio del regno di Dio ai poveri e questo è il punto di arrivo. Vedete quali sono le opere che io faccio?
In queste citazioni Gesù ha accuratamente omesso di citare tutti quei versetti in cui si parla dell’anno della vendetta e dell’ira, del giudizio di Dio. Perché? Perché Gesù è colui che compie le Scritture, le interpreta, cioè ne porta a compimento il significato profondo: quello che Dio davvero intendeva, cioè la salvezza di ogni uomo, il perdono del peccatore, la vita per colui che è morto, la salvezza dell’uomo che è sua creatura, che è figlio suo. Questo è ciò che Dio vuole, ciò che Gesù annuncia, ciò che Gesù ci dice essere il reale significato della Parola, delle promesse che Dio ha fatto attraverso i suoi profeti.
Che ne è, allora, del giudizio e della giustizia? Gesù non trascurerà affatto questi temi: in questo stesso Vangelo di Matteo, al capitolo 25 Gesù ci descriverà il giudizio finale e lo farà con parole nette ed inequivocabili. “venite benedetti, perché avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere... voi invece non vi conosco, via nel fuoco eterno preparato per il diavolo ed i suoi angeli, perché avevo fame e non mi avete dato da mangiare, avevo sete e non mi avete dato da bere…” Il Signore Gesù non omette di parlare del giudizio, che c’è, e con il quale tutti noi un giorno ci dovremo confrontare, con le opere che abbiamo compiuto. Gesù parla delle sue opere, di quello che ha fatto e noi tutti saremo giudicati su questo: la nostra vita sarà misurata su quello che abbiamo fatto, ma Gesù dice che non è questo il momento del giudizio. Questo è il momento in cui la misericordia di Dio offre ad ogni uomo la possibilità della conversione, di ritornare a Lui, di cambiare vita, di essere da lui salvati, di fare un cammino di riscatto, di abbandono del male e del peccato, per ritornare all’abbraccio di Dio Padre. Ecco perché Gesù parla di questo, dell’anno di misericordia, nel suo primo discorso alla sinagoga di Cafarnao, nel Vangelo di Luca al capitolo 4 dove, in qualche modo, esprime lo stesso significato che abbiamo qui ascoltato.
Questo dà a Gesù l’occasione di parlare di Giovanni a tutti e di dire il suo pensiero su di lui. Giovanni è il più grande di tutti i profeti ma, allo stesso tempo, è più che un profeta perché è quell’Elia atteso, colui che è stato pronosticato per il compimento, per la fine dei tempi, cioè quando Dio si sarebbe rivelato definitivamente attraverso il suo Messia. Quindi Gesù dice: Giovanni ben a ragione ha indicato me come colui che Dio ha inviato! Però, se Giovanni è il più grande fra tutti i nati da donna, è pur vero che il più piccolo nel Regno dei Cieli è più grande di lui. C’è una novità! Il battesimo di Giovanni è un battesimo con acqua, per la penitenza, per la conversione ma questo, dice Gesù, non basta. Come dirà a Nicodemo: Occorre rinascere dall’alto! Occorre essere figli del Regno, generati da Dio. La novità che Gesù porta è una novità radicale: Tutti i profeti e la legge nel Primo Testamento – non diciamo Vecchio Testamento, altrimenti sembra superato! – hanno preparato la venuta di Gesù e senza i quali Gesù è incomprensibile, ma hanno profetato fino a Giovanni. Con Giovanni il Primo Testamento giunge al suo compimento. Ormai inizia il Nuovo! Vedete che Gesù invita i discepoli di Giovanni a riconoscerlo dalle opere: Lo hanno riconosciuto? Alcuni si, altri no, tant’è vero che quando Matteo scrive il suo vangelo, nell’80 dopo Cristo, c’erano ancora i discepoli di Giovanni, ormai a cinquant’anni dalla Resurrezione di Gesù, che andavano in giro a battezzare, come faceva il loro maestro. Noi rimaniamo stupiti di fronte al fatto che Dio si è fatto così piccolo, si è fatto uno di noi, si è spogliato fino a farsi uomo, accettando anche l’incomprensione. Giovanni Battista, ma forse non soltanto lui, di fronte a questo potrebbe chiedersi: Ma davvero sono di fronte a Dio? Perché Dio non si fa valere? Perché Dio non piega la volontà dell’uomo? Perché Dio non piega il malvagio? Domande impegnative, queste! Dio compie la sua opera, concreta, di salvezza dell’uomo malato, dell’uomo sofferente, dell’uomo che muore, di questa nostra umanità ferita, ma non come noi ci aspettiamo e non come noi gli chiediamo. Compie la sua opera prendendo su di se le nostre sofferenze, il nostro peccato e la nostra incredulità; la compie nel segno della croce che ci salva e che Giovanni Battista, in qualche modo, ha anticipato con la sua morte. Occorre prendere sulle proprie spalle e portare le infermità dell’uomo per portare all’uomo la salvezza, per portarla come Gesù ha fatto. Occorre credere alla possibilità di vincere l’odio solo con una misericordia ed un amore più grande. Su questo Gesù è stato molto chiaro: “Dai giorni di Giovanni Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza ed i violenti se ne impadroniscono.” Il Regno dei Cieli, questo regno di amore che Gesù è venuto a portare, in che senso subisce violenza? Nel senso che i violenti vogliono portare Gesù dalla propria parte e dire: Gesù la pensa come noi, Dio la pensa come noi! Noi siamo i veri interpreti della salvezza di Dio! Quante volte, ancora oggi, c’è chi il Vangelo lo vuol “rapire” e lo vuol tirare dalla sua parte, dicendo: Sono io che sono l’unico vero interprete della parola di Dio, del Vangelo di Gesù?!
Come ai tempi di Giovanni Battista così anche noi, oggi, dobbiamo fare i conti con questa Parola, con la Parola di Gesù che è inerme, umile, la parola del mite, del pacifico. Ricordate le beatitudini? E i violenti vogliono continuamente impadronirsene, perché sanno che qui c’è la potenza dell'amore di Dio, che loro non possiedono, e pensano di poterla far propria.
Il rischio più grande per la parola del Vangelo è sempre questo, che qualcuno, cioè, se ne voglia impossessare, non per viverla come Gesù l’ha vissuta ma per prendersela con la forza, con la violenza, per farla propria. Ma la parola di Gesù è per tutti, è salvezza per tutti e nessuno se ne può impossessare. Nessuno ne ha l’esclusiva, nessuno può rapirla, nessuno può prendersela con la forza: Si può solo ascoltarla e viverla, metterla in pratica con umiltà. Non abbiamo altro potere su questa parola di Gesù!
Ecco perché, allora, la domanda di Giovanni Battista risuona anche dentro di noi: Chi sei tu, Gesù, per me? Qual è la salvezza di Dio per me? La cerco in te o la cerco altrove? Accolgo la salvezza che tu porti, che è la salvezza del crocifisso risorto, oppure mi capita ancora di dubitare di questa salvezza e della sua efficacia? Che cosa io posso fare per essere parte di questa opera di salvezza dell’umanità? Che cosa io posso fare per partecipare a questa opera di Gesù? per essere vicino all’ammalato, di conforto al sofferente, per dare vita a chi la voglia di vivere l'ha perduta, per dare speranza a chi l’ha più, per dare incoraggiamento a chi è fiaccato dalle prove della vita, per mostrare la strada a chi l’ha perduta, per far vedere la possibilità del perdono a chi si è perso nella via del male, per aiutare ad aprire gli occhi a chi è cieco, per aiutare ad aprire gli orecchi a chi non sa o non vuole ascoltare, per aiutare ad alzarsi e riprendere a camminare a chi si è fermato nella vita. Come posso fare per partecipare anch’io a questa opera di Gesù che salva questa umanità ferita e sofferente?
Ecco, la testimonianza di Giovanni Battista siano di aiuto a ciascuno di noi per interpretare e vivere la Scrittura con il cuore stesso di Gesù!

Don Marco Casale
Casa San Carlo – Bizzozero
Trascrizione non rivista dall’autore

 

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