Foto Mario Bianchi: La facciata di Casa San Carlo con la caratteristica meridiana

Approfondimento del Vangelo di domenica 29 settembre a cura di don Marco Casale.


Di seguito la libera trascrizione dell'intervento di don Marco Casale in occasione del momento di riflessione sul Vangelo domenicale, proposto ogni venerdì sera alle ore 21 presso la Casa San Carlo di via Santa Maria Maddalena, per riflettere e meglio prepararsi alla celebrazione liturgica.

Grazie al lavoro di alcuni volontari riproponiamo i contenuti dell'incontro di venerdì 27 settembre 2019:

 

LA PAROLA IN MEZZO A NOI

V Domenica dopo il martirio di S. Giovanni
Lc 6, 27 - 37

«In quel tempo, il Signore Gesù disse: 27A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, 28benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male.
29A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. 30Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.
31E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. 32Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. 33E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. 34E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. 35Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi.
36Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso.
37Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. 38Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

Non si può dire che Gesù non fosse chiaro nel dare indicazioni ai suoi discepoli su che cosa caratterizzi l’essere, appunto, suoi discepoli. Le parole di noi uomini sono sempre soggette all’ambiguità ma questa non si addice alle parole di Gesù: “Amate i vostri nemici.” Credo che sia tra le espressioni più caratteristiche, proprie di Gesù, che non troviamo in altri. Qui Gesù, probabilmente, tocca uno dei punti più alti dell’annuncio del Vangelo e Luca, sentendo il bisogno di esplicitare, raccoglie qui tutta una serie di detti: “Fate del bene a quelli che vi odiano…benedite quelli che vi maledicono…pregate per coloro che vi trattano male.” E’come dire: Esemplifichiamo, perché questa affermazione è così alta, così esigente che ha bisogno di essere esemplificata, di essere ripresa, di essere spiegata.
“Vinci il male con il bene!” Ci sono delle traduzioni di questa espressione, nella cultura popolare, molto efficaci. Per esempio, quando io dico, riferendomi ad una persona maleducata, che va ammazzata di cortesia io sto facendo una buona traduzione del detto di Gesù. C’è il bisogno di Gesù di invitare i suoi discepoli a manifestare il loro essere tali, affinché lo si veda, affinché si capisca! Qui Gesù mette in pratica il suo detto “Ma se il sale perde il suo sapore a cosa serve?” Siate sale, quindi, siate sapore! Se siete come quelli che amano soltanto coloro che li amano a loro volta, non fate altro che quello che fanno già tutti! Anche il peccatore, anche chi non è discepolo di Gesù lo fa! Sono modi di pensare che non dicono nulla del vostro essere miei discepoli! Se fate del bene a coloro che vi fanno del bene; se prestate a coloro che vi restituiscono, che cosa c’è di diverso tra voi ed il mondo, che cosa vi caratterizza rispetto agli altri? Nulla! Semplicemente riproponete modalità consuete, di tutti.
Da che cosa, allora, si capisce che voi avete scelto di essere miei discepoli, che c’è in voi la mia presenza, che avete imparato da me? Ecco che il detto famoso “ A chi ti percuote sulla guancia tu offri anche l’altra” diventa l’esemplificazione di questo amore così grande, così incondizionato che è riflesso dell’amore misericordioso di Dio per tutti i suoi figli e che indica anche un metodo: Quando uno ti percuote sulla guancia tu mostragli un lato di te (l’altra guancia) che lui non si aspetta. Offri l’altra guancia vuol dire: colpiscimi anche di qua? No di certo! Queste sono proprio banalizzazioni, incomprensioni, testimonianza di chi non trova il modo di penetrare il significato di un testo come questo ed allora lo svilisce. Offri l’altra guancia, quindi, vuol dire: Offri un lato di te che l’altro non conosce e non si aspetta!
Volete un’esemplificazione? Andiamo a vedere quando Gesù è stato schiaffeggiato, al racconto della passione. Di fronte alle risposte di Gesù al sommo sacerdote il servo lo colpisce. Che cosa fa Gesù? Porge l’altra guancia, ma come fa questo? Dicendo: Mi hai colpito di qua, ora colpiscimi dall’altra parte? No! Questa è una sciocchezza! Gesù, invece, dice: “Se ho fatto qualcosa di male allora tu hai ragione a fare quello che ho fatto, ma se ho parlato bene perché mi percuoti?” E così lo zittisce! Ecco cosa vuol dire “porgere l’altra guancia”: Mostrare un lato di te che l’altro non si aspetta, che non conosce; quello di argomentare, di dire le tue ragioni, di cercare sinceramente il vero bene e non risolvere le cose con la violenza, con la sopraffazione, con l’abuso di potere. Allora lo disarmi, lo metti di fronte alla sua incoerenza, all’inconsistenza delle sue ragioni, gli togli la maschera, mostri tutta la stupidità del male, della violenza. Gesù sa bene che questo non si traduce subito in un successo, in una vittoria; è dura la lotta contro il male, ma questa è la strada: non utilizzare mai le stesse armi del violento.
Le indicazioni che ci lascia Gesù, dunque, sono molto precise e corrispondono a quello che lui ha fatto, a come lo ha fatto e sono modalità di cui il Vangelo ci dà ampia testimonianza. Lui è il modello da cui imparare: quello che lui ha detto e le parole che ha usato, quello che lui ha fatto!
Ecco che Gesù ci regala un’altra perla: “Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso.” Non è semplicemente un insegnamento, un adottare determinate tecniche di relazione che siano più efficaci di altre ma si tratta di prendere il Padre come modello attraverso Colui che del Padre ne è la manifestazione, la presenza: Il Figlio Gesù. Io guardo Gesù, imparo da Gesù e così facendo, riconosco in lui il volto misericordioso del Padre e da lui imparo che cos’è la misericordia, imparo ad essere misericordioso.
“Non giudicate!” Il cristiano non può astenersi dal giudicare che cosa è bene e che cosa è male. Quello che Gesù vuol dire, invece, è che non tocca a te condannare o assolvere il fratello perché il giudizio spetta a Dio. Solo Dio sa cosa c’è nel cuore dell’uomo. Il peccato, però, va condannato; il male va riconosciuto; la persona va salvata!
La cosa interessante è vedere come Dio si comporta con noi. Infatti la misericordia di Dio, che è gratuita ed è per tutti, e questo spesso ci sconcerta, questa misericordia data così generosamente a tutti, in che modo Dio la distribuisce. “Se voi non giudicate non sarete giudicati; se voi non condannate non sarete condannati; se voi perdonate sarete perdonati! “ Riconoscete qui l’eco del Padre nostro – rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo, come noi perdoniamo - perché se uno non esercita il perdono si sta chiudendo anche all’accoglienza del perdono di Dio perché, se il perdono di Dio è distribuito generosamente, come fa il seminatore che addirittura spreca il seme, indipendentemente dal terreno su cui arriva, non dimentichiamo, invece, che l’accoglienza di questo seme conosce differenze. La misericordia di Dio, quindi, non fa distinzioni ma il terreno, cioè noi, si. Noi possiamo aprirci o chiuderci; possiamo essere accoglienti o non accoglienti di questa misericordia. Se io non esercito il perdono verso il fratello il perdono di Dio non mi raggiunge, perché io sono chiuso a questo perdono, sono inospitale. Questo ci aiuta a comprendere meglio che questa misericordia di Dio è un appello pressante affinché noi siamo terreno accogliente al dono e perché portiamo frutto di opere di misericordia a nostra volta.
La conclusione è bellissima. Con Dio non c’è un rapporto di dare-avere, un rapporto alla pari, nel senso che se io perdono Lui perdona, se io dono Lui dona?! No! Non è una dimensione paritaria, ma è dispari. “Date e vi sarà dato – molto di più – una misura piena, colma e traboccante – E’ molto di più quello che Dio dà rispetto a quello che noi possiamo dare; molto di più il perdono che Dio ci dà rispetto a quello che noi possiamo dare; molto di più la misericordia che Dio ci dà rispetto a quella che noi possiamo dare! Molto di più, infinitamente di più!
Questa è la buona notizia.
Ecco perché, allora, questi insegnamenti sono rivolti chiaramente ai discepoli ma non sono il fondamento per costruire una legislazione statale: sono il fondamento per costruire la vita del discepolo. Sarà poi compito di noi cristiani, se vogliamo caratterizzarci, se vogliamo rendere visibile che noi siamo discepoli di Gesù e non appiattirci e conformarci, far si che noi, con la nostra presenza nel mondo,diventiamo capaci di suscitare la possibilità di un diverso modo di vivere le relazioni fra noi, anche le relazioni sociali. Diventiamo lievito che messo dentro la pasta è in grado di trasformarla, se però siamo lievito!
Ecco perché il cristiano, per esempio, ha una parola da dire sul tema dell’immigrazione – questa Domenica, infatti, è dedicata al migrante – e su questo tema voglio dire solo una parola. Mi chiedo perché sento dei cristiani parlare dei migranti in un modo tale che non si capisce per niente il loro essere cristiani, non lo si coglie dalle parole, dagli atteggiamenti. In loro è assente qualsiasi riferimento alla Parola ed allo spirito di Gesù ed al suo Vangelo. C’è un riferimento assoluto ad altro! Gesù ci ha raccomandato di essere discepoli rendendo visibile il nostro essere di Cristo e di aver fatto la nostra scelta per Lui.
Si deve vedere dal nostro agire, dal nostro parlare che noi siamo di Cristo, altrimenti stiamo semplicemente facendo cassa di risonanza di un sentire e di una mentalità che non vengono dal Vangelo e ci sentiamo a nostro agio come figli di questo mondo e non come figli del Regno. Domandiamoci, allora, da che cosa si vede nel nostro agire, da che cosa si vede nel nostro parlare in tutti gli ambiti della vita, compreso il tema dei migranti, che noi siamo di Cristo e che a Lui abbiamo creduto e che di Lui siamo discepoli e che la sua parola è il nostro riferimento? Da che cosa si vede, da che cosa si sente? In tutti gli ambiti della nostra vita questo deve, in qualche modo, rendersi visibile perché, se la nostra vita cristiana è come una scacchiera dove qui accendo la luce di Cristo e lì no, qui la accendo e lì no, che cristiani siamo? La luce di Cristo deve illuminare tutti gli ambiti della nostra vita, del nostro pensare, del nostro agire, altrimenti siamo divisi, spezzati, non siamo uniti in noi stessi ma siamo frammentati.
Questo amore che Gesù ci comanda non è un consiglio ma un comando perentorio: “A voi che ascoltate io dico…” è un comando perentorio, come dire che è un punto fondante, essenziale, su cui dovete costruire tutto il resto: Amate come io ho amato! Imparate da me che cos’è l’amore.

Don Marco Casale
Casa San Carlo – Bizzozero
Trascrizione non rivista dall’autore

 

I numeri posti all'inizio di diverse frasi evangeliche indicano i numeri di paragrafo.

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