La faccaiata di Casa San Carlo con la caratteristica meridiana

Approfondimento del Vangelo di domenica 3 giugno a cura di don Marco Casale.


Di seguito la libera trascrizione dell'intervento di don Marco Casale in occasione del momento di riflessione, proposto ogni venerdì sera alle ore 21 presso la Casa San Carlo di via Santa Maria Maddalena, un momento di meditazione sul Vangelo domenicale per riflettere e meglio prepararsi alla celebrazione liturgica.

Grazie al lavoro di alcuni volontari riproponiamo i contenuti dell'incontro di venerdì 1 giugno 2018:

 

LA PAROLA IN MEZZO A NOI

Corpus Domini
Mc. 14, 12 – 16. 22 - 26

Celebriamo questa domenica la festa del Corpus Domini, che liturgicamente ricorreva giovedì scorso, così come abbiamo fatto per l’Ascensione, per dare la possibilità a tutti di vivere questa festa. E’ una festa liturgica che nasce nel XII secolo nella diocesi di Liegi e da lì è stata estesa a tutta la Chiesa universale, anche a seguito del miracolo Eucaristico di Bolsena, i cui resti delle gocce di sangue usciti dall’Ostia spezzata dalle mani del sacerdote celebrante, che aveva in cuor suo dei dubbi riguardo la presenza viva e vera di Gesù nell’Eucarestia, sono custoditi nel duomo di Orvieto. Questa è una festa che, di per sé, ci fa ricordare tutte le Eucarestie che facciamo, ma con questa sottolineatura: Ciò che l’Eucarestia genera è la Chiesa, quello che si chiama “il corpo mistico”, il popolo di Dio, generato da Dio.
Il testo ci dice che Gesù ha preparato la sua pasqua: non è più la pasqua dei Giudei ma è la pasqua di Gesù! E Gesù si è preparato ed ha anche preparato i discepoli che, certo, non hanno capito subito - capiranno dopo – ma anche questo Gesù lo aveva loro preannunciato, come quando aveva detto a Pietro: “adesso non comprendi, ma poi capirai!” Gesù, però, aveva preparato tutto, sapeva quello che faceva ed ha preparato la sua Pasqua, il suo dono d’amore per noi per poter rendere noi partecipi del suo dono d’amore, renderci capaci di amare come Lui stesso ama, di un amore che dona tutto se stesso.
Vediamo, dunque, le parole pronunciate da Gesù e che tante volte noi abbiamo ascoltato quando partecipiamo alla messa; sono parole che esprimono sempre qualcosa di nuovo: “Mentre mangiavano, prese il pane”. Non è un termine generico: identifica un pane preciso, il “suo” pane. Gesù inserisce questi gesti all’interno della celebrazione della pasqua ebraica ma ne cambia il significato, facendo diventare questa pasqua - che era la rievocazione della liberazione del popolo di Israele dalla schiavitù d’Egitto - la Pasqua di Gesù, che è la liberazione del popolo di Dio dalla schiavitù del peccato verso la vita eterna che il Signore Gesù, morto e risorto ci ha donato.
Gesù prende questo pane, che ora è diventato il suo pane, e recita la benedizione. La prima cosa che dobbiamo notare è che qui Gesù, prendendo il pane recita la benedizione – un gesto che è già stato usato nella moltiplicazione dei pani: “Gesù li benedisse e poi li diede loro perché li distribuissero” – mentre per il vino non si dice che lo benedisse ma viene cambiato il verbo usato e, leggiamo: “rese grazie”. Rendimento di grazie equivale ad Eucarestia. Gesù fa questo rendimento di grazie al Padre per il dono d’amore che il Padre fa e che Gesù fa di se stesso. Dio Padre ci dona il Figlio e Gesù dona se stesso, come vede fare dal Padre: fa della sua vita un dono, un dono d’amore. Quindi l’eucarestia è un rendimento di grazie perché noi riconosciamo il dono che Dio fa a noi, il dono d’amore di Dio per noi. Vedete che, a questo punto, cambia completamente anche il significato della Pasqua: non è più l’offerta di sacrifici, come raccontato in Esodo 24, di animali in espiazione dei peccati commessi dal popolo, non è più il dono, l’offerta che viene fatta a Dio. Qui, invece, si rende grazie a Dio per il dono che Lui fa a noi. La nostra fede è, innanzitutto, riconoscimento grato, rendimento di grazie per il dono di Dio per noi; non ciò che noi facciamo per Lui ma, prima di tutto, ciò che Lui ha fatto e fa per noi!
Poi vediamo che questo pane viene spezzato e dato! Per essere dato il pane deve essere spezzato! Solo una vita che si fa pane spezzato può essere una vita donata, come il sacrificio che Gesù fa di se stesso e della propria vita data e donata per amore. Gesù dona tutto se stesso: la sua vita per la nostra vita! Giovanni è ancora più chiaro quando parla della vita di Gesù in noi, la vita che, attraverso lo Spirito del Risorto, entra in noi e diventa la nostra vita e noi viviamo per Lui. L’Eucarestia è proprio questo: partecipare di questo pane, mangiarlo perché la Sua vita sia in noi. Così noi viviamo una vita che non è più soltanto la nostra vita biologica, che ha un inizio ed una fine, ma che è la vita eterna, la vita di Dio in noi!
Gesù dice: “Prendete, questo è il mio corpo.” Il Vangelo, poi, non dice che ne mangiarono, mentre del calice, su cui Gesù rende grazie, dice: “Poi prese il calice, e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti.” Perché? Perché il segno del vino, del sangue versato è proprio questo: segno della vita di Gesù - il sangue è la vita – che entra in noi, la sua vita in noi, la sua vita donata e offerta, perché noi resi partecipi della sua vita potessimo amare come Lui ama, cioè fare della nostra vita una vita donata per amore. Questo sangue è il “sangue dell’alleanza”. Qui c’è proprio la citazione di Esodo 24, quando viene versato, da parte di Mosè, il sangue delle vittime sacrificali, Mosè dice proprio così: Questo è il sangue dell’alleanza. Questo di cui Gesù parla, invece, è il sangue della “nuova” alleanza, della nuova ed eterna alleanza, che è nuova e definitiva: Non ce ne sarà un’altra. Noi siamo ancora dentro questa alleanza e non ne attendiamo un’altra! Questo, adesso, è il sangue dell’alleanza - non quello di Mosè, che era solo un’anticipazione, un segno - che è efficace perché toglie i peccati del mondo ed è versato per “molti”, per la moltitudine, cioè per tutti! Questo sangue di Gesù è versato non solo per il popolo dei figli di Israele, come era quello di Mosè, ma per ogni uomo, non solo per chi crede in Lui ma per tutti, per i peccatori. L’amore di Dio raggiunge tutti gli uomini! Noi, allora, siamo chiamati a partecipare di questo pane e di questo calice come annuncio dell’amore di Dio per tutti. Ecco perché, allora, la conseguenza è che, quando Gesù manda i discepoli, dice: Andate in città! L’eucarestia li manda alla città, dove gli uomini vivono. L’eucarestia è principio di ogni missione; ti immette nella vita degli uomini, portando dentro di te questa vita di cui Dio ti ha fatto dono perché tutti ne possano partecipare, perché sia offerta a tutti! L’eucarestia diventa pane condiviso con tutti, suscita in noi la carità, l’attenzione al bisognoso, al povero. Gesù lo spezza e lo dona loro perché tutti ne mangino e tutti siano sazi. L’eucarestia è sorgente di condivisione perché nessuno manchi del pane quotidiano. L’eucarestia – l’amore di Dio in noi – suscita questa attenzione, questo amore che diventa attenzione concreta verso il fratello che è nel bisogno e ci rende capaci di questo amore gratuito.
Noi possiamo dire con Madre Teresa, come lei diceva, come lei scriveva: Non potrei fare nulla di tutto quello che faccio per i poveri se non ricevessi ogni giorno l’eucarestia. Lei riconosceva che la ragione profonda di tutto quello che faceva. Ciò che rendeva possibile tutto quello che lei faceva era proprio la vita di Dio in lei, l’amore di Dio in lei rinnovato ogni giorno nell’eucarestia. Questo era il suo segreto: la partecipazione quotidiana all’eucarestia!
La chiesa è “fatta” dall’eucarestia; la chiesa celebra l’eucarestia ma, in realtà, è l’eucarestia che fa la chiesa! Per questo per noi l’eucarestia domenicale è centrale: non esisterebbe la vita della comunità cristiana senza la centralità dell’eucarestia! Attorno all’eucarestia si genera la comunità, perché dove c’è l’eucarestia, dove si mangia questo pane e si beve a questo calice allora lì nasce una comunità fraterna, in cui si vive la carità nella condivisione; quando si raduna la comunità per celebrare l’eucarestia nasce una comunità missionaria per andare nella città, per portare la vita di Dio a tutti gli uomini; nella celebrazione dell’eucarestia si impara a ringraziare per il dono d’amore che Dio ci fa ed a comprendere che noi non crediamo in un Dio che ci chiede solo di osservare le sue leggi ed i suoi comandamenti, ma crediamo in un Dio che, amandoci lui per primo, ci ha resi capaci di amare e per questo ci chiede di vivere la legge dell’amore. Non è qualcosa che viene da fuori, qualcosa di esterno a noi e che il Signore, in qualche modo, ci impone, ma è la legge dell’amore che diventa un vivere ciò che siamo: se noi abbiamo dentro di noi questa vita di amore che abbiamo ricevuto da Lui, allora vivere la legge dell’amore vuol dire vivere secondo quello che noi siamo, secondo quello che Lui ha fatto di noi.
Vivere l’eucarestia vuol dire vivere una comunità libera dalla paura; una comunità grata, riconoscente per il dono di amore ricevuto; una comunità generosa nelle opere della carità; una comunità attenta al perdono gli uni degli altri: perdonati perdoniamo. Nell’eucarestia noi siamo trasformati e resi capaci di essere così: una comunità convocata proprio dall’amore di Gesù, resa suo corpo dal dono che Gesù ha fatto del proprio corpo. Quando riceviamo l’eucarestia noi siamo davanti a del pane e del vino ed il segno sacramentale ci aiuta a comprendere la trasformazione che quel pane e quel vino è avvenuta ma soprattutto la trasformazione che avviene in noi quando partecipiamo di questo pane e di questo vino.

Don Marco Casale
Casa San Carlo – Bizzozero
Trascrizione non rivista dall’autore

 

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